Reportage: Siren Festival

Il Siren Festival di Vasto continua il suo processo di consolidamento nel panorama europeo come uno dei festival più suggestivi e godibili. Questa edizione è stata di assestamento, con nomi forse meno altisonanti delle prime edizioni ma grande risposta di pubblico, tra tante luci e qualche ombra organizzativa.



Quello che vi propongo è un reportage sicuramente incompleto, troppi sono infatti gli appuntamenti per seguirli tutti in modo approfondito, e tante sono anche le distrazioni che la splendida Vasto, tra cibo, mare e bellezze storiche, offre per non lasciarsi incantare da aspetti meno squisitamente musicali. In ogni caso, programma alla mano, mi ero fatto un'idea degli artisti che più mi interessavano, bilanciati tra bei nomi della scena più o meno alternative italiana, qualche colpo internazionale ben assestato, con alcune belle sorprese, e un mare d'elettronica, genere verso il quale nutro una sincera e profonda idiosincrasia. E al netto di qualche falla organizzativa che, cercando di inseguire procedure di sicurezza cervellotiche e macchinose è riuscito, specie nella prima serata, a creare situazioni di disagio e pericolosità nello splendido Cortile D'Avalos, trasformato in una sorta di trappola per topi con i già di per sé pochi varchi presidiati e chiusi in modo palesemente insensato.
Ecco i live a cui ho assistito e le mie impressioni.

Colombre

Il mio battesimo all'edizione 2017 del Siren avviene con Colombre, moniker di Giovanni Imparato, artista di Senigallia sulla breccia da dieci anni coi Chewingum e arrivato quest'anno all'esordio solista con Pulviscolo. Si tratta di uno degli artisti che aspettavo con più curiosità, il suo album è uno di quelli che più mi ha impressionato quest'anno, e ne parleremo prossimamente in modo più diffuso.
Il live, in cui ripropone quasi tutti i brani dell'album e Svastiche tratta dal repertorio della vecchia band, si rivela all'altezza. Nella suggestiva cornice di Porta San Pietro, tra passanti birra-muniti e signore che scuotono le tovaglie dalle finestre del borgo, infastidite o incuriosite da tanto chiasso, Imparato dà vita a un set molto energico, con un linguaggio del corpo quasi allucinato ma efficace come presenza scenica, leggermente più duro della versione da studio, soprattutto per il cantato che spesso si trasforma in un urlo disperato. Bellissime Blatte e Pulviscolo, promosso senza meno.

Allah-Las

Secondo colpo e secondo successo per i losangelini Allah-Las, che attendevo con grande curiosità, essendo alfieri di un crossover tra generi che prediligo, dal beat garage anni '60, al Paisley Underground fino alla moderna psichedelia. Presto parleremo del nuovo Calico review, intanto il live è stato forse il migliore del Siren. Suoni perfetti e repertorio che rimane impresso al primo ascolto, grazie forse alle palesi influenze di grandi come Velvet Underground, Byrds, Bob Dylan, ma anche Raveonettes, specie nel suono ficcante della chitarra elettrica, tutto frullato in un cocktail molto low profile ed estremamente godibile. Eccellente.

Baustelle

Avevo già assistito, come scritto, al loro concerto in teatro. La scelta del repertorio per il tour estivo è in realtà piuttosto simile, forse ancora più votata al ballabile, visto il sacrificio di Ragazzina e un altro paio di pezzi del nuovo disco spariti dalla scaletta. Il suono in Piazza del Popolo è a tratti terribile, con basi elettroniche e batteria che coprono quasi completamente le voci; a complicare il tutto il pubblico che si agita sguaiato e canta insieme ai propri beniamini, coi quali tuttavia non condivide certo le capacità canore, dando vita a un live non proprio memorabile. Il mestiere è tuttavia tanto che i Baustelle comunque portano a casa la sufficienza. Menzione speciale per la semplicità con cui si fermano a mangiare al vicino ristorante tra i passanti.

Peccato non aver potuto assistere, causa mancanza di ubiquità, ai set di Andrea Laszlo De Simone e Giorgio Poi.

Gomma

La band di Caserta, che per vie traverse e leggi non scritte ma ben conosciute, ha goduto quest'anno del plauso di certa intellighenzia musicale, mischia un po' di tutto dall'emo al post rock, dal punk allo shoegaze, con una frontgirl che sembra crederci fin troppo per essere sincera, dando vita a una ricetta davvero indigesta. De gustibus; i miei, dopo il terzo pezzo, mi hanno condotto dritto in pizzeria, data l'ora.

Noga Erez




Questa ho fatto appena in tempo a seguirla in qualche pezzo, non la conoscevo dato che frequenta generi poco affini al mio gusto. Elettronica impegnata, su cui l'israeliana emerge quasi rappando, buona presenza scenica e tutto sommato set abbastanza gradevole. In un mondo perfetto, e con tanto tempo a disposizione, si potrebbe approfondire.

Arab Strap

Colpo di coda, visto che ho pensato bene di dileguarmi prima di Trentmoeller, con gli Arab Strap, scozzesi redivivi alfieri di certo post-rock slow-core d'atmosfera e molto emozionale. Bella prestazione condita da un "It's fucking hot in Vasto", sicuramente favorito dai galloni di vino tracannati tra un pezzo e l'altro. Con gli anni la voce di Aidan Moffat si è fatta sempre più espressiva e profonda e, se il repertorio non brilla per varietà, il loro è stato comunque un signor live.

Tirando le somme, festival che si merita un bel voto, soprattutto per le location, stupende, per le band minori, frutto di un lavoro competente e ricercato. Un po' meno per i pezzi da novanta, per il suono traballante di qualche live e per un'organizzazione a tratti macchinosa.

All'anno prossimo, Vasto!



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