I Dischi dell'anno 20/11

Ed eccoci alla seconda parte della classifica dei dischi migliori del 2016 più attesa da tutto il mondo occidentale, le Indie e la Polinesia del sud. Alla fine vinceranno gli hipster, qualche dj che si crede musicista, metallari col posto fisso in ufficio o poppettari che sognano ancora Britney Spears? Oppure ascolteremo solo un po' di buona musica? Andiamo a vedere...

20. Shotgun Sawyer - Thunderchief


Sono loro i nuovi redneck del rock blues americano, gli eredi spirituali degli ZZ Top, anche se dall'aspetto non si direbbe del tutto. Se vi sentite orfani dei Black Keys, ormai dediti a uno scialbo pop rock da classifica, ascoltate "Nothing Left To Lose" ed esultate.
19. Dunbarrow - S/T

Dalla Svezia e dal Nord europa in generale ci arrivano tre cose: occasionali perturbazioni gelide, la spocchia del nord civilizzato dove si campa infelici ma con un buon stipendio e il miglior hard rock anni '70 di questi tempi. L'esordio dei Dunbarrow mi ha risarcito della mezza delusione dovuta al cambio di rotta dei Witchcraft, dei cui primi dischi questi ragazzi sono ottimi epigoni.
18. White Lies - Friends

Chi l'avrebbe detto, qualche anno fa, che nel 2016 i White Lies avrebbero seppellito i loro maestri? Già, perché venuti fuori sull'onda del revival New Wave capitanato da band fenomeno come Interpol, Editors e Franz Ferdinand, i WL sembravano un po' i fratellini poveri. Invece sono ancora qui, con un disco sì derivativo fino al midollo, ma con l'innata capacità di trovare la melodia giusta.
17. Cat's Eyes - Treasure House

Torna la creatura di Faris Badwan, leader degli ormai dispersi Horrors, e Rachel Zeffira, soprano, multistrumentista e molto altro. Un lavoro un po' disorganico che si muove tra suggestioni eteree e zampate beat alla Nancy Sinatra, con due protagonisti baciati dal talento.
16. Parquet Courts - Human Performance

I Parquet Courts tentano di quadrare il cerchio dando contorni più precisi al loro indie rock sghembo e ci riescono, sacrificando forse solo un po' del loro fascino; ma forse è anche l'effetto sorpresa ormai venuto a mancare. Comunque una delle realtà più solide della traballante scena rock attuale.
15. Niccolò Fabi - Una Somma Di Piccole Cose

Mai avrei immaginato anni fa di ritrovarmi con Fabi nella mia classifica; eppure questo lavoro è un piccolo gioiello nel panorama desolante del nostro pop. Atmosfere folk che sembrano uscite da Portland e da Bon Iver prima degli sbandamenti elettronici, chitarra, voce e poco più e testi che andrebbero fatti leggere alla generazione tirata su dagli smartphone che stiamo crescendo.
14. The Urges - Time Will Pass

Al ritorno dopo otto anni, i misconosciuti irlandesi ci mandano al tappeto con un disco che pare una raccolta di nuggets del beat e del psych - rock del 1967, con un pezzo come Passing Us By che pare uscito da una capsula del tempo. Irresistibile.
13. Cate Le Bon - Crab Day

Vale un po' il medesimo discorso fatto per i Parquet Courts, la brava Cate sembra volersi dare una forma più compiuta con questo Crab Day. E ci riesce, perdendo qualcosa in fascino e bizzarria, ma attirandosi il plauso di una platea più vasta.
12. Brutus - Wandering Blind

Ancora dal freddo nord, un gruppo che sposta più in su l'asticella della retromania. Infatti qui, più che citare gli anni '70, sembra che i Brutus ci vivano proprio. Tra primi ZZ Top, Black Cat Bones, Leaf Hound e il suono di band di culto ormai dimenticate, i Brutus ci consegnano il miglior disco di heavy blues degli ultimi anni.
11. Matt Elliott - The Calm Before

Tra atmosfere sempre più cupe e depresse e tecnica cristallina alla chitarra, il buon Matt non sbaglia un colpo e torna con un disco dei suoi. Di quelli, talmente emozionanti e vibranti, che ci pensi due volte prima di premere "play".

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