Avvistamenti: Cate LeBon-Cyrk

 
Dici LeBon e ti si presentano alla mente scene deliranti popolate da ragazzine isteriche e parrucchieri impazziti tra toupé ossigenati e ciuffi color arancio, il tutto condito dagli sguaiati vocalizzi del buon Simon, venerando leader dei Duran Duran; ossia di una band che ha le sue belle responsabilità in quel disastro che fu il mainstream degli anni '80, oggi tanto amato dagli amanti del trash e delle rivalutazioni post(mortem). Invece qui parliamo di Cate LeBon, cantautrice gallese dalle oscure origini francesi, non chiedetemi perché oscure altrimenti non lo sarebbero più, e poi fa molto cool avere origini misteriose. Si tratta del suo secondo lavoro, ed è un disco che propone sonorità tra indie-folk e certo rock alternativo, rimanendo nell'ambito comunque di atmosfere molto soffuse e tranquille, con la bella voce di Cate mai sopra le righe e arrangiamenti discreti, irrorati da un filo di elettricità e con piacevoli sorprese, quali la tromba in sordina che accompagna il finale da marcetta di Greta. I nomi che vengono in mente di volta in volta sono tutti nobili, da Chrissie Hynde a Joni Mitchell, fino ad accenni di Tim Buckley e ai sublimi Velvet Underground più rilassati(si veda Puts me to work). Un lavoro che merita un ascolto attento.

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